Pellegrinaggio di Inizio Quaresima

Giovedi 23 Febbraio 2012

 

Sulle orme di Giuseppe Toniolo
Discernimento e Cura della propria Vita

 

Giovedi 23 Febbraio 2012 ci troviamo in Piazza Toniolo alle ore 19 e percorreremo le vie della nostra città fino alla chiesa di San Frediano dove concluderemo con un momento conviviale.

 

In caso di maltempo la preghiera si svolgerà nella chiesa di San Frediano

 

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Testimonianze

Testimonianza Famiglia Allegrini

Siamo una coppia piuttosto “improbabile”, più che diversi  uno l’opposto dell’altro, ma con gli anni abbiamo capito che essere diversi  è una ricchezza più che un ostacolo, e che i  Valori che ci uniscono sono più importanti delle tante differenze che potrebbero dividerci.

 Il nostro spot  è: amare non è guardarsi l’un l’altro , ma guardare insieme nella stessa direzione.

Abbiamo voluto una famiglia numerosa che è la fiera delle diversità. Persino i gemelli non potrebbero essere più diversi…

 La nascita della prima figlia ci ha trasformati in genitori e abbiamo sentito che la genitorialità è un valore universale che potevamo donare ad altri bambini che attendevano una famiglia: non potevamo essere felici da soli!

L’adozione ci ha condotto per nove mesi in Africa, dove sobrietà e condivisione , apertura e accoglienza li abbiamo ammirati nei gesti semplici  degli ex bambini e bambine di strada con cui abbiamo vissuto, in uno dei tanti slam di Nairobi,  e che cerchiamo di vivere tutti i giorni a casa nostra.

Le nostre giornate sono belle e faticose, i litigi dei nostri figli sono “scontri etnici”, e anche noi  commettiamo errori come sposi e come genitori, ma ogni sera, con i nostri bimbi, preghiamo il Signore di tenerci uniti, di perdonare i nostri errori e di renderci migliori.

L’amicizia è importante per la salute  della  coppia,  noi ci siamo circondati di una rete di famiglie che ci ha sostenuto e guidato nelle difficoltà, senza grandi lezioni teoriche, ma semplicemente con l’ascolto e con l’esempio, o con lo sdrammatizzare i mille ostacoli del quotidiano. In questi anni abbiamo visto crollare coppie più promettenti della nostra, soffocate dalla chiusura.

 Noi crediamo, e cerchiamo di trasmetterlo ai nostri figli, che solo se costruiamo la nostra quotidianità sulla  Roccia, ce la possiamo fare. E, seppure nelle difficoltà e nella fatica quotidiana, ci sentiamo di “proclamare”: grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia!

Quest’anno il nostro matrimonio compie 20 anni, e  abbiamo voglia di camminare ancora insieme.

 

Testimonianza Matteo Orazini

“Pensare globalmente, agire localmente”

Testimonianza sul Servizio Civile in Caritas di Matteo Orazini

Il Servizio Civile rappresenta senza alcun dubbio un’occasione di crescita nella propria maturazione personale e nella comprensione della responsabilità grande di essere cittadini di una realtà che va al di là delle nostre consuete abitudini, consuete conoscenze, consuete relazioni e proprio per questo si può definire “Mondo”. Inoltre permette una presa di posizione forte, seppur a volte minima, di fronte all’esigenza d’impegno e di servizio in una società che sempre più è caratterizzata da vite ferite.

All’inizio la paura era tanta: paura di non essere all’altezza del compito che mi era stato affidato e anche la paura di non sapere come relazionarmi con le persone che avrei incontrato lungo il servizio: magari una parola sbagliata o un atteggiamento frainteso avrebbero potuto creare disagi e confusioni tra persone che vivono ogni giorno in situazioni al limite. Avevo persino paura per la mia incolumità…quanti pregiudizi!

Oggi tutto questo non c’è più: sento ancora di non essere all’altezza di quello che faccio, ma non più per paura quanto perché lo riconosco come un servizio bello e importante. Ho molta più sicurezza, datami certamente dall’esperienza di quattro mesi di lavoro, e questo mi permette d’offrire un aiuto più lucido e completo. Sono entusiasta di quello che sto facendo.

Il Servizio Civile, in particolare quello che svolgo in Caritas, ti chiede, anzi ti porta quasi senza accorgetene, a cambiare lo stile della tua vita: dopo che hai scelto di contribuire affinché nel mondo vi sia più giustizia, più rispetto e più solidarietà e dopo che hai iniziato a tirarti su le maniche per questo, ti accorgi di quanto cambi il tuo sguardo su ciò che hai intorno.

Ecco, due sono allora le parole d’ordine che vanno di pari passo: “M’interessa” e “T’accorgi”: “M’interessa” è la base che ti spinge a metterti in moto, e subito inizi ad accorgerti che il mondo intorno a te è diverso da come lo credevi, c’è molta più sofferenza e povertà attorno a te di quanta pensassi ma “T’accorgi” anche che nelle tua mani c’è molta più forza di quanto chi vive a spese degli altri voleva farti credere, ti accorgi che la speranza non è la fede dei disperati ma la certezza dei coraggiosi. Allora il tuo “M’interessa” iniziale s’infiamma e non puoi più stare in silenzio e fermo.

L’impegno nel sociale, nella ricerca di un mondo più giusto, ti chiede d’agire allo stesso tempo in due direzioni: dare la tua mano a chi ti è accanto e ha bisogno e agire davanti alla società e alla politica perché il male e l’ingiustizia che l’hanno reso povero (e non solo di soldi, ma anche povero di relazioni, di possibilità, di dignità)

siamo smascherati, accusati, affrontati e debellati.

Un messaggio per me importante vorrei sottolineare di tutto ciò che ho detto: la PACE, dono dell’amore di Dio e frutto dell’impegno dell’uomo, chiede a tutti la collaborazione. Nessuno è troppo piccolo, troppo lontano o troppo debole per rispondere alla richiesta urgente di darsi da fare. La pace vuole e deve nascere qui, dove io sono, vivo, agisco.

C’è una frase famosa, usata per lo più in contesti ambientalisti, che da tempo mi torna spesso alla mente: “Pensare globalmente, agire localmente”. Se la si associa alla vita di servizio a favore dei bisognosi, questo slogan calza a pennello.

Apriamo il nostro cuore e la nostra mente al bisogno di pace di tutto il mondo e apriamo le nostre mani al bisogno d’aiuto del fratello che ci vive accanto.

Matteo ORAZINI

 

Testimonianza prof. Luca Spataro

Sono Luca Spataro e insegno Economia Politica presso l’Università di Pisa.

Per farvi comprendere l’esperienza che vivo nel mio lavoro, permettetemi di svolgere una premessa in cui racconterò brevemente la mia storia.

Nella mia adolescenza avevo molte domande, sulla felicità, sulla giustizia, sull’amore, su Dio. Queste domande talvolta affioravano così potentemente che sentivo il desiderio di metterle a tema con gli amici, con cui organizzavamo tentativi di risposta, come iniziative culturali, sportive, artistiche o politiche. Eppure, dopo alcuni anni, mi accorsi che queste risposte tentate non erano soddisfacenti, tanto da ritrovarmi più solo e a dubitare di essere “esagerato” a pormi troppe domande. Allora non conoscevo ancora Gesù, abbandonato dopo il catechismo perché non c’entrava con la “partita” della vita, con la musica, la poesia, il calcio, con l’ideale politico o con l’amore: era, per usare un paragone sportivo, come un arbitro un po’ severo, che fischiava “rigori” contro i desideri più interessanti della giovinezza.

L’inizio della mia conversione, che ancora prosegue, è accaduta in Università a Pisa, quando, da studente, mi sono imbattuto a mia volta in una compagnia di studenti e amici.

In particolare, due cose mi colpirono di schianto di questa compagnia:

a) Erano contenti e vivevano l’Università come fosse casa loro, con la certezza di una positività sulla realtà che io non avevo, e che permetteva loro di vivere non in apnea come accadeva a me, ma da protagonisti le lezioni, il rapporto con i docenti, con lo studio.

b) la seconda cosa che mi colpì era che si volevano bene e mi volevano bene. Questo affetto che riversavano su di me era inspiegabile, perché ci conoscevamo appena, eppure era tanto desiderabile. In particolare, frequentandoli, mi accorsi che le domande che affollavano la mia vita

fin dall’adolescenza non erano sbagliate, ma erano la cosa più preziosa che avevo e che mi contraddistingueva come uomo, che mi trovava in compagnia di grandi protagonisti della storia come Leopardi, Dante, Einstein, Beethoven o Mozart, e mi accomunava con gli uomini di ogni latitudine, lingua, colore, religione. Ho scoperto poi che la Bibbia chiama “cuore” questo fascio di esigenze, e che sono il motore di qualsiasi attività umana, ricerca scientifica compresa, il cui apice è il “senso religioso”, ovvero l’esigenza di un significato ultimo.

L’incontro con questi amici ha generato così una grande invidia e una domanda: “Ma chi siete? Come fate a vivere così?”; e la risposta fu semplice e stupefacente al tempo stesso: “Siamo cristiani. Vieni a vedere”.

Così quello fu il momento da cui per me Gesù Cristo è diventato interessante e reale, una presenza quotidiana affettivamente persuasiva ed intellettualmente affascinante, da cui, pur fuggendo tante volte, non mi sono più staccato.

Dopo qualche tempo mi sono reso conto che quel mio contro in Università era della stessa natura di ciò che era accaduto 2000 anni prima a due pescatori della Palestina, Giovanni e Andrea, ovvero l’Incontro con un uomo, Gesù di Nazareth, che era “eccezionale” perché corrispondeva alle attese più vere e profonde del cuore e che poteva essere conosciuto, amato, seguito, come si conosce, ama, segue un amico. Anche il Vangelo dunque ha iniziato a essere qualcosa di attuale ed interessante, perché poteva aiutarmi a comprendere l’esperienza che stavo vivendo assieme a quegli amici.

In questo modo ho compreso che il Cristianesimo non è una “religione” tra le altre o un elenco di “regole da rispettare”, ma un Fatto, che prosegue nella storia e si comunica di incontro in incontro, attraverso il miracolo della permanenza della Chiesa e dell’unità dei cristiani. Tale incontro si sottomette al cuore sincero dell’uomo per essere verificato nella sua pretesa di Verità. Il Cristianesimo cioè offre un cammino di verifica in cui l’approdo alla persuasione certa, che è

la fede, non è un’opzione arbitraria o un salto nel buio, ma è l’esito di un percorso di conoscenza ragionevole ed affascinante, che coinvolge ed esalta tutto l’io ed è illuminato e potenziato dalla grazia dell’Incontro.

Questa premessa mi permette di spiegare meglio la mia attività di ricercatore e di educatore in Università. Fu proprio a partire dall’incontro con quegli amici che iniziai a prendere sul serio lo studio e a scoprire che c’erano in Università dei maestri da incontrare, seguendo i quali potevo comprendere e amare di più gli studi in campo economico, che avevo intrapreso un po’ svogliatamente, e scoprire la mia vocazione, cioè che ero portato per la ricerca.

La categoria dell’Incontro, o dell’Avvenimento, che mi è stata insegnata nel cristianesimo come decisivo per la conoscenza, è una delle cose che ritengo più preziose nel mio lavoro. Infatti, le scoperte più belle, sono sempre avvenute grazie ad incontri apparentemente casuali, o ad imprevisti, in cui ho dovuto dar credito a quel che mi stava accadendo sotto gli occhi e che la ragione (o il cuore) mi faceva percepire come corrispondente, cioè vero.

Per questo, dico sempre ai miei studenti e cerco sempre di ricordare a me stesso che la cosa più importante nel percorso della conoscenza non è innanzitutto preoccuparsi di avere risposte, ma imparare a porsi le domande giuste, e per fare questo occorre la capacità di ascoltare e di osservare, di stupirsi. I veri maestri per me sono stati e sono tuttora coloro che sono bambini, perché ancora riescono a stupirsi della realtà, sia esso un tramonto, o una contraddizione nei dati empirici di una ricerca.

In questo senso ho percepito molto di aiuto al mio lavoro di ricerca alcuni recenti interventi di Benedetto XVI, come il discorso di Ratisbona o l’allocuzione all’Università la Sapienza di Roma, dove il Papa ha ricordato che il compito dell’Università è quello di “custodire la sensibilità alla Verità”, o il recente discorso al Parlamento tedesco, in cui Papa Ratzinger invita ad allargare la ragione al di fuori dell’ambito positivista e ad assegnare l’ethos e la religione all’interno dell’ambito della ragione nel senso stretto della parola.

Tali richiami, anche alla luce della recente crisi economica, rappresentano una fonte preziosa di ispirazione e una sfida per la ricerca nel campo economico. Tanto che abbiamo deciso con alcuni amici e colleghi in Università di trovarci stabilmente per approfondire queste tematiche.

Da ultimo, nella mia prima ora di lezione propongo ai miei studenti la frase dell’Ulisse dantesco: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. La grandezza dell’uomo descritta da questa frase, riassuntiva di tutta la tradizione cristiana, è veramente quella che maggiormente rispetta ciò che ciascuno percepisce di essere, e rende lo studio veramente un’avventura affascinante. E in questo senso, nel rapporto con i mei studenti mi sento molto più compagno di viaggio che non già arrivato alla meta, perché io stesso mi trovo bisognoso continuamente di imparare da quanto avviene in una lezione o a ricevimento, o negli studi.

Tale amore grato per il particolare che si deve manipolare nel compito quotidiano, con fatica e sacrificio, e questa fiducia nelle facoltà intellettuali ed umane di ciascuno, indipendentemente dalla sua età, provenienza geografica o politica, o dalla sua riuscita, rappresentano il dono più grande che ho ricevuto e che ricevo continuamente dall’esperienza cristiana, avvenga essa attraverso l’insegnamento di Maestri, come Ratzinger o Giussani, o dall’esempio dei compagni di strada.

Pertanto, è tale esperienza che, con estrema consapevolezza dei miei limiti, ma con altrettanta certezza dell’amore più grande che sperimento quotidianamente, cerco di vivere e comunicare nel mio lavoro in Università.